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A Sauvignon Experience un confronto sugli stili e le interpretazioni del Sauvignon blanc

di Alessandra Biondi Bartolini

Con solo poche centinaia di ettari (nel 2017 erano 404) coltivati soprattutto nei comuni di Cortaccia, Montagna e Terlano, l’Alto Adige si conferma tra le regioni trainanti per la qualità del Sauvignon blanc italiano. Nei primi 10 classificati del Concorso nazionale del Sauvignon blanc spiccano infatti le etichette dei produttori della provincia di Bolzano, con un unico rappresentante trentino.

Primo classificato il Sauvignon Alto Adige Doc di Franz Haas, seguito dal Sauvignon Blanc Alto Adige Doc “Oberberg” della Tenuta Kornell e al terzo posto il Sauvignon Blanc Alto Adige Doc “Quirinus“ di St. Quirinus a pari merito con il Sauvignon Blanc Alto Adige Doc Andrius Südtiroler della Cantina Andriano.

C’è da dire che, giunta alla sua quarta edizione, la partecipazione al concorso, che quest’anno aveva candidato 85 etichette dell’annata 2020, non ha ancora una distribuzione omogenea tra le regioni, anche tra quelle che più delle altre in Italia rappresentano le massime espressioni di questo vitigno e sono pochi ancora i produttori ad esempio friulani a partecipare. Anche a questo servono i concorsi, per confrontarsi e per avere occasioni di riflettere sulle diverse interpretazioni di chi coltiva e trasforma una stessa varietà in territori diversi, per dimostrare l’eccellenza certamente, ma anche per mettersi alla prova davanti a una platea più vasta, una sorta di benchmarking per capire dove va il gusto dei consumatori e degli esperti e le tendenze degli altri territori.

Le occasioni di confronto si sono create nel corso della manifestazione Sauvignon Experience, a Penone (Cortaccia) dal 27 al 29 maggio scorsi. “Con la ‘Sauvignon Experience’ vogliamo dare a tutti gli amanti di questo vitigno la possibilità di approfondire la loro conoscenza in merito, nonché di comparare i vini della stessa annata, di avere una panoramica dei diversi stili e di poter riconoscere l’influsso che i vari terroir hanno sul vino che vi si produce”, ha spiegato Andreas Kofler, presidente del comitato organizzativo e dell’Associazione Sauvignon Alto Adige.

Di grande interesse la tavola rotonda-dibattito organizzata da Peter Dipoli nel suo Maso di Penone a 500 metri di altitudine, dove produttori e giornalisti si sono incontrati per degustare Sauvignon di provenienze e annate diverse. Una full immersion per riflettere sullo stile e su quella che nel Sauvignon blanc è la migliore espressione di un territorio vocato. Stili che possono essere molto diversi in un’uva ricca in precursori aromatici, in funzione della regione, il suolo, il clima, l’esposizione e l’altitudine, le tecniche di conduzione del vigneto (prime tra tutte le rese), lo stato di maturazione delle uve e le pratiche enologiche, dalla vinificazione in condizioni di protezione dell’ossigeno, alla scelta del ceppo di lievito e della chiusura.

La gestione del vigneto e della vinificazione, ha spiegato Maurizio Ugliano dell’Università di Verona nella sua introduzione, ha lo scopo di bilanciare nel giusto modo le metossipirazine ad aroma erbaceo e i tioli aromatici come il 4MMP, 3MH e 3MHA con caratteri soprattutto di frutta tropicale. Molto presenti nelle prime fasi della maturazione, le metossipirazine decrescono progressivamente nell’uva, ma una volta in cantina sono molecole molto stabili che permangono nel corso della vinificazione e dell’affinamento, dominando e coprendo, se in eccesso, anche gli altri caratteri. Il rischio, soprattutto nelle zone più calde dove la necessità di raccogliere precocemente per conservare nelle uve la corretta acidità e non eccedere con la gradazione zuccherina, è quindi quello di avere vini con aromi molto verdi che non esprimono altri caratteri più complessi come i precursori tiolici, che si liberano nel corso della fermentazione. Il contenuto di questi ultimi è favorito da maturazioni più lente e graduali dell’uva, come può avvenire nei vigneti posti alle altitudini maggiori, ma, per quanto elevati nel Sauvignon blanc, non sono tuttavia esclusivi di questo vitigno e le ricerche stanno dimostrandone la presenza in diverse altre varietà anche italiane.

I Sauvignon blanc possono essere così molto diversi a seconda che siano coltivati in valle o in collina e alta collina, su suoli sciolti e caldi o ricchi e freschi, con escursioni termiche contenute o elevate e naturalmente nelle loro diverse interpretazioni gioca un ruolo fondamentale il fattore umano, le tradizioni e le scelte dei produttori in vigneto e in cantina.

Approcci diversi che portano ai vini complessi ed eleganti in grado di sostenere anche un lungo invecchiamento come i vini della Loira o alcuni dei vini trentini, altoatesini o friulani assaggiati, o verticali e con un impatto olfattivo prevalente come nei  Sauvignon neozelandesi di Malborough.

Ma dal momento che, come sembra, alcuni caratteri più vegetali anche se non sempre equilibrati, sono considerati i più riconoscibili dal pubblico e in alcuni casi anche dalla critica, fino a che punto è giusto inseguire il gusto dei consumatori (o di alcuni gruppi di consumatori), anziché ricercare la piacevolezza, l’eleganza e la qualità all’interno di ogni territorio? Una domanda che forse ha la sua risposta nella scelta sulla quale si dibatte da sempre tra il privilegiare il vitigno o il territorio nella definizione della qualità e anche nel nome e nella descrizione dei vini.

Tra i territori che hanno puntato a un carattere fortemente riconoscibile c’è la Nuova Zelanda e i suoi vini sono stati l’oggetto della Masterclass tenuta da Helena Lindberg, enologa della Tenuta del Bisarno, con una lunga esperienza di vinificazione nella regione di Malborough dove l’azienda toscana gestisce il vigneto di Mount Nelson. Undici i vini neozelandesi presentati, prodotti in una realtà viticola molto diversa da quelle che conosciamo e giovanissima (la viticoltura risale a non più di 100 anni fa ma il successo del Sauvignon blanc e la riconversione dei vigneti a questo vitigno sono legati alla storia dell’etichetta iconica di Cloudy bay nata soltanto negli anni 80).

Una viticoltura in piena espansione (le superfici vitate sono cresciute moltissimo  – 26.000 ettari di Sauvignon blanc sui 41.600 di tutto il paese – e la coltivazione sta uscendo dai confini della regione di Malborough), e una realtà letteralmente agli antipodi rispetto a quella che conosciamo, con rese molto elevate (si parla mediamente di 13 tonnellate ad ettaro), vigneti irrigui raccolti a macchina e processo di vinificazione che raramente indugia nella maturazione dei vini che vanno presto in bottiglia, talvolta con residui zuccherini di qualche grammo per equilibrare la forte acidità. L’espressione aromatica, in alcuni vini decisamente vegetale è il carattere più distintivo ed è favorita dalle forti escursioni termiche nel periodo di maturazione e dai terreni sciolti e drenanti.

Una “terra di mezzo” che sperimenta molto, dove si incontrano persone e professionisti con esperienze diverse e le collaborazioni tra gruppi e realtà francesi, italiane (come la Tenuta del Biserno ad esempio) e australiane sono frequenti.

Millevigne
Millevigne è un organo di informazione indirizzato ai viticoltori e agli imprenditori del settore vitivinicolo, a cui collaborano giornalisti, scienziati e tecnici operanti “sul campo”. La sua missione principale è informare in modo puntuale le aziende vitivinicole italiane, per aiutarle a crescere nella loro capacità di competere e si rivolge a tutti gli operatori, gli esperti e gli appassionati del mondo del vino. Alla rivista trimestrale si affiancano il sito online e la newsletter quindicinale gratuita.

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