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Export, a giugno i primi campanelli d’allarme da Usa, UK (Prosecco meno 18%) e Germania

03 agosto 2022

(Redazione) Certo non saranno state le polemiche sulla “parificazione” fra DOCG e DOC, fra prosecco “di collina” e prosecco “di pianura”, a tagliare le gambe all’export italiano di vino, ma l’UIV lancia l’allarme sui trend di vendita del made-in-Italy più di successo. Risulta infatti “complicato” il primo semestre per le vendite di vino italiano presso la distribuzione organizzata e i liquor store dei 3 principali mercati mondiali della domanda. Secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, che ha elaborato su base Nielsen le performance del vino tricolore, tra gli scaffali di Usa, Germania e Regno Unito si registra un calo dei volumi in doppia cifra (-10,6%) sul pari periodo dello scorso anno, per un controvalore di 2,26 mld di euro (-8,1%).

USA. La contrazione riguarda tutte le principali denominazioni del Belpaese: negli Usa il Pinot grigio– che rappresenta quasi la metà delle vendite di vini fermi – cede in volume quasi il 3% e viene superato a valore dai concorrenti neozelandesi del Sauvignon blanc; in difficoltà anche altri alfieri storici del made in Italy nel mercato a stelle e strisce, come il Lambrusco e il Chianti, che vendono rispettivamente il 16% e l’11% in meno delle bottiglie commercializzate nel pari periodo 2021.

UK. E se negli Usa il Prosecco è stabile e si appresta ad agganciare per volume gli spumanti californiani, nell’off trade del Regno Unito è segnalato in forte calo (-18%), come pure tutte le principali produzioni: dal Pinot grigio (-9%) al Sangiovese (-22%), dal Primitivo (-18%) al Montepulciano (-15%). In controtendenza sono i rosati, che accelerano a +12%.

GERMANIA. Dalle parti di Berlino il Primitivo, re delle vendite tricolori, cede oltre il 9% dei volumi acquistati, mentre fanno ancora peggio il Pinot grigio (-18%), il Nero d’’Avola (-24%) e il Chianti (-19%). In controtendenza invece il Grillo (+6,5%) e i rosé (+9%).

Per il segretario generale di Unione italiana vini, Paolo Castelletti: “C’è un delta rilevante tra i dati export registrati in questo avvio di anno e gli effettivi consumi riscontrati nella distribuzione organizzata che – è bene ricordarlo – nei top 3 mercati incide in media per circa il 70% delle vendite complessive di vino importato. Il timore è che la contrazione dei consumi determini un rallentamento degli ordini nei prossimi mesi, ancor più quando il peso dell’inflazione si farà sentire più nettamente anche sugli scaffali esteri, mentre si spera che il canale della ristorazione, in netta risalita, possa attenuare il più possibile l’effetto di una congiuntura che non aiuta”.

Il semestre del vino italiano chiude con una performance sui volumi acquistati nell’off-trade di Usa, Germania e Uk rispettivamente a -7,5%, del -10,5% e del -14%

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