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Tenute Falezza, servono fiere del vino sempre più rivolte ai soli professionisti

24 maggio 2022

(di Elisabetta Tosi) Tenuta di San Felice, Tenuta di Marcellise, Tenuta di Mezzane. Tre territori posti nell’area orientale della denominazione Valpolicella, tre aziende agricole per complessivi 18 ettari  di vigneti raccolte sotto un marchio unico: Tenute Falezza. Una storia, quella della famiglia Falezza, che prende avvio negli anni ’20 del secolo scorso, quando Luigi Falezza, appartenente ad una famiglia di mezzadri, iniziò prestissimo a lavorare negli appezzamenti della villa “Bacco d’Oro” dei Conti Schiavoni, a Mezzane. Trasferitosi nel 1974 a San Felice in seguito alla vendita della proprietà, Falezza acquistò l’attuale terreno,    dove sorge attualmente la sede dell’azienda, seguito poi da vigneti a Marcellise e Mezzane di Sotto. A seconda delle caratteristiche pedo-climatiche di ciascuna tenuta, le uve coltivate sono quelle tipiche della DOC: Corvina, Corvinone, Rondinella, con qualche incursione dei vitigni minori, come Croatina e Molinara. Numerose le etichette: oltre ai tradizionali vini della Valpolicella, Tenute Falezza produce anche IGT Veneto sia bianchi che rossi che rosa, vini passiti e un paio di spumanti metodo Martinotti.

Oggi il fondatore Luigi Falezza è ancora presente, anche se la gestione viene portata avanti da figli e nipoti. Tra questi ultimi, due giovani, Enrico e Barbara, entrambi enologi, si occupano in particolare degli aspetti di produzione e commercializzazione dei vini  e di enoturismo. Gli abbiamo chiesto di farci un veloce quadro dell’attuale contesto economico- produttivo.

Siamo praticamente a metà anno: come stanno andando i mercati? 

Bene, soprattutto quelli del Nord Europa, come la Danimarca,  e il Canada. Con loro lavoriamo sempre bene. Però anche  altri mercati per noi minori, come l’Austria, ci stanno dando soddisfazioni”.

Dopo due anni di eventi annullati e rimandati a causa della pandemia, finalmente si è tornati alle tradizionali fiere del vino in presenza: come sono andate per voi?

“Noi abbiamo partecipato sia a Vinitaly che a Prowein. In entrambe abbiamo notato meno gente, un calo di visitatori, ma siamo riusciti a fissare più appuntamenti con distributori e possibili nuovi clienti. Sia a Verona che a Dusseldorf c’era una gran voglia di confrontarsi finalmente faccia a faccia, parlare di persona. L’incontro di persona è ancora insostituibile. Perfino con clienti consolidati abbiamo ottenuto dei risultati che via mail sarebbero stati impossibili da conseguire”.

Forse anche a causa del calo di presenze in entrambe le fiere, molti operatori si stanno interrogando sull’opportunità di continuare a organizzare queste grandi kermesse del vino. C’è chi sostiene che  siano superate: voi come immaginare debba essere la fiera del vino dei prossimi anni?

Sicuramente più professionale, quindi sempre più di settore,  con meno curiosi e una percentuale sempre più alta di addetti ai lavori”

Dopo l’emergenza COVID, ora l’Italia e l’Europa si trovano ad affrontare altre emergenze. Quali sono al momento le vostre principali preoccupazioni? 

Ad oggi i nostri problemi principali sono la difficoltà di reperire i materiali che servono  e i continui aumenti di costo delle materie prime”. Una preoccupazione condivisa.

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