18 marzo 2022
(di Carlo Rossi) Un’ uva dalle umili origini che ha ricevuto consapevolezza recentemente. Spesso si trovava infatti in blend con altri vini più blasonati per fornire corpo. Oggi, invece, uno dei più alla moda dell’enoteca di Puglia. Vendemmia manuale nella seconda metà di ottobre, nero di Troia in purezza, a fine fermentazione affinamento in legno da 225 litri e poi un anno in bottiglia. Ottima la capacità d’invecchiamento. Il 2017 degustato sembra un vino appena fatto. Prugna, mora, colore che ne caratterizza l’abito, ribes, arancia tarocco, alcune delle sfumature che ne aprono il naso. Un po’ di decantazione ne esalta l’amore con cui è fatta ciascuna delle 3000 bottiglie di questa nicchia. Tutto questo si avverte in Primo Giuseppe 2017 Igp pugliese di corpo pieno, 14% , colore buio, uve allevate a spalliera, detto in epoca romana jugatio directa. Varrone dice che dà un ottimo vino perché le viti non si fanno ombra tra loro.
Casa vinicola Errico ne fa un vino bandiera di grande beva ed eleganza. Un vino dalle delicate nuances di frutta di bosco, dove tannini, polifenoli, antociani , utili per la nostra salute, la fanno da padrona. Primo Giuseppe e’ proprio un vino “artigiano”, fatto con poche quantità e tanta passione. La prima descrizione del Nero di Troia risale al 1877, conosciuto, nel barese, come Uva di Troja o di Canosa. Una varietà robusta, resistente alla siccità ed abbastanza produttiva che oggi rappresenta il terzo vitigno a bacca nera più diffuso della regione, ricoprendo un’area di circa 2.500 ettari, dopo il Primitivo e il Negroamaro.
Secondo una leggenda, pare che Diomede, sbarcando nella Daunia dopo la guerra di Troia abbia deciso di fermarsi in una zona a cui diede il nome di Campi Diomedei, e vi piantò alcuni tralci di vite che aveva con sé. In base a un’altra versione, invece, l’origine del Nero di Troia risale all’omonima città di Troia, fondata dai Greci nel 700 a.C. Una terza ipotesi è che abbia avuto origine nella regione spagnola della Rioja, giungendo successivamente a Troia intorno al 1745.
Che si tratti di verità o leggende trasmesse con un velo di mistero, quel che è certo è che del vino Nero di Troia si parla nel XVIII libro dell’Iliade e che negli antichi scritti se ne faccia menzione quale “corposo vino di Troia” bevuto alla corte di Federico II di Svevia e coltivato nella zona dell’alto barese intorno all’anno Mille. Sarà anche per questo che quando dici Puglia, dici Nero di Troia.