(di Sara Falchetto) La cantina Suavia, nel cuore del Soave Classico, ha dato vita al progetto “I Luoghi”, un omaggio alla terra che da sempre genera i loro vini. Un modo per raccontare come la conformazione del suolo, con le sue caratteristiche uniche, influenzi profondamente aromi, sapori e sfumature, dando vita a espressioni diverse dello stesso vitigno. Il progetto nasce da tre vigneti storici, che rappresentano le radici più autentiche dell’identità di Suavia. Si estendono per circa 4 km all’interno della zona classica e offrono tre interpretazioni distintive del territorio.
Fittà (nella mappa in apertura) è un vigneto di sola Garganega, impiantato oltre 70 anni fa. È esposto a sud-est e si sviluppa su un terreno vulcanico ricco di argilla. Questa composizione rende il suolo particolarmente fertile e dona al vino ampiezza, struttura e profondità. Nel vigneto di Fittà sono stati individuati due diversi tipi di suolo, il primo più strutturato mentre il secondo presenta una multiforme varietà di rocce basaltiche alterate.

Castellaro, rivolto a nord, è anch’esso coltivato a Garganega. Qui domina la roccia, infatti, sin dai primi centimetri il terreno è costituito da pietra pura. Le radici devono farsi spazio tra le fenditure, e questa fatica si riflette in un vino teso, minerale, dal carattere deciso. Nel vigneto di Castellaro è stato individuato un suolo moderatamente profondo ma con un profilo ricco di scheletro.
Tremenalto si trova nel punto più a nord della zona classica, con esposizione a ovest. È una sorta di sintesi dei due precedenti, il suolo è un equilibrio tra argilla e roccia, e le uve maturano un po’ più tardi. Il vino che ne deriva ha profumi più tropicali, ma conserva una grande freschezza. Nel vigneto Tremenalto sono stati individuati tre diversi tipi di suolo con caratteristiche diverse. Il primo suolo è molto arrossato dai processi ossidativi di alterazione dei minerali, il secondo invece è più profondo e strutturato, mentre il terzo è stato modellato dall’azione dell’uomo.
Alessandra Tessari, una delle tre sorelle che guida l’azienda di famiglia, racconta com’è nato il progetto: «Ci siamo accorti che ogni vigneto dava al vino un carattere diverso, ma non sapevamo come poter trasmettere questo aspetto al consumatore. Fino a quando, nel 2019 il Consorzio del Soave ha introdotto le UGA, Unità Geografiche Aggiuntive, 28 nella sola zona classica, ciascuna con un nome storico. Queste aree sono ora riconosciute nel disciplinare, e i nostri vigneti ricadono in tre di esse – prosegue Alessandra – così è nata la volontà di dare un’identità precisa a ciascun luogo.
Utilizziamo la stessa vinificazione per tutti e tre i vini, la differenza lo fa il luogo stesso, perché vogliamo che sia il territorio a parlare. L’obiettivo è raccontare, attraverso la Garganega, tre anime diverse dello stesso vitigno. È un lavoro di sfumature, qualcosa che qui nel Soave Classico non era mai stato fatto prima».