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“Il vino italiano nella tempesta perfetta”: prima i commenti.

Lorenzo Biscontin

Venerdì scorso si è svolto presso il Polo Santa Marta dell’Università di Verona il convegno “Il vino italiano nella tempesta perfetta: quali i modelli di business vincenti”, organizzato dall’Accademia Italiana della Vite e del Vino, Studio Impresa, Centro Studi Management DiVino e dal Dipartimento di Management – Università di Verona.

Il convegno partiva dall’analisi dei bilanci di circa 1.000 cantine italiane che rappresentano un fatturato di 13,4 miliardi di euro nel 2024, circa il 90% dell’intero settore, realizzata dal Centro Studi Management DiVino diretto dal Prof. Luca Castagnetti.

Lo studio è innovativo, corposo e ricco di informazioni e spunti. Per questo motivo rimandiamo alla prossima settimana l’articolo sui suoi contenuti, in moda da aver il tempo che richiede la lettura attenta ed approfondita dell’analisi.

Oggi invece riportiamo i commenti delle diverse personalità del settore che sono intervenute al convegno, moderato dal Direttore del Corriere Vinicolo Giulio Somma, che ci appaiono significativi perché danno una bella fotografia del sentiment attuale del settore vitivinicolo italiano e perché secondo noi forniscono idee utili in termini sia strategici che operativi.

Per non diminuirne la portata ispiratrice le riportiamo senza mediazioni o argomentazioni, direttamente prese dagli appunti scritti durante lo svolgimento dei lavori. Ci scusiamo quindi in anticipo con i relatori se magari le frasi non saranno esatte parola per parola, la cosa fondamentale è aver colto il senso.

Buona lettura.

Federico Bricolo – Presidente Fiera di Verona

– Abbiamo una visione non pessimistica sul mondo del vino in termini di competizione con gli altri produttori.

– L’Italia è favorita in questo momento perchè è il paese che ha sempre fatto più e meglio innovazione nel settore del vino.

– Altra carta da giocare è la ristorazione italiana nel mondo.

– Vino che entra nel mondo della notte. Es. Vinitaly and the city a Sibari.

– Enoturismo ha ancora un grande potenziale da sbloccare anche attraverso la semplificazione legislativa.

Massimo Romani – Amministratore Delegato Argea

– varietà commodity vs. Varietà iconiche.

Francesco Allegrini – Amministratore Delegato Allegrini Wines

– assortimento che permetta flessibilità all’interno dell’azienda.

– necessità di individuare le giuste competenze per dare continuità alla visione anche nelle aziende famigliari

Giovanna Prandini – Perla del Garda e Presidente Ascovilo

– nel settore del vino ci sono molte opportunità. Il mercato c’è, però bisogna andare a prenderlo.

– anche il piccolo può essere manageriale, innovativo e coraggioso.

Giampaolo Bassetti – Direttore Generale Caviro

– il vino è un universo.

– accettare il calo di volumi e fatturati a fronte di aumenti di prezzo per migliorare i margini.

– il comparto del vino italiano che è cresciuto di più negli ultimi 2 anni è quello del vino da tavola, di cui c’è scarsità.

– necessità di creare economie di scala.

– acquisizioni giustificate dalla necessità di ampliare l’assortimento sia in termini geografici che di fasce di prezzo.

Massimo Pivetta – Sales Director Wine di Omnia Technologies

– gli investimenti maggiori attualmente sono negli impianti di dealcolazione per rispondere alle richieste del mercato.

Luca Rigotti – Presidente settore vino Fedagri

– in USA possiamo perdere marginalità ma non possiamo permetterci di perdere quote di mercato.

– va bene parlare di  massa critica ma ricordiamoci che siamo un insieme di piccole imprese.

Rita Babini – Presidente F.I.V.I.

– il 70% dei viticoltori F.I.V.I. esporta, ma solo il 15% accede ai fondi OCM

– necessità di attivare una misura di sostegno simile all’OCM anche per il mercato interno UE

– in Italia ci sono circa 30.000 aziende che realizzano tutto il ciclo produttivo vitivinicolo, ma solo il 7% supera i 1.000 hl.

Sandro Sartor – Vice Presidente U.I.V.

– in USA, Francia e Germania ci sono aziende vinicole con fatturato oltre 1 miliardo di euro, in Spagna molte oltre i 500 milioni di euro. In italia solo 1, e questo malgrado da decenni l’italia sia il primo produttore mondiale.

– abbiamo già raccolto tutti i frutti bassi, adesso dobbiamo cominciare a costruire le scale per prendere quelli alti.

– Nel mondo del vino ci sono operatori di tipologie molto diverse, ma sono tutti necessari al funzionamento del settore.

– Se come UE siamo il primo produttore mondiale, di chi deve essere la leadership del vino mondiale? E l’Italia deve giocare un ruolo chiave come elemento aggregante.

N.d.A.:anche in questo convegno si è riproposto il tema della dimensione troppo piccola delle aziende vinicole italiane rispetto ai concorrenti mondiali, sul quale ritengo sia utile fare alcune puntualizzazioni.

  1. Il dato di 2,4 ha/azienda risale al Censimento dell’Agricoltura del 2021, l’ultimo disponibile, e si riferisce alle 241.000 aziende agricole che producono uva da vino. Chiamarle aziende vinicole è improprio e fuorviante, perché la grandissima maggioranza l’uva che produce la vende o la conferisce a cooperative (il 58% del vino italiano è prodotto da cooperative) visto che ISMEA stima in 30.000 il numero di aziende vinificatrici. Per completare la contestualizzazione del dato aggiungo che la superfice media delle aziende dei viticoltori F.I.V.I. è di 10 ha.
  2. La piccola dimensione è l’elemento che dà al vino italiano il vantaggio competitivo della flessibilità.
  3. Le aziende medio-piccole sono quelle che nell’ultimo decennio hanno guidato l’innovazione del settore trainando anche quelle più grandi verso la sostenibilità (della biodinamica alla certificazione SQNPI, passando per il biologico) e la riscoperta/difesa dei vitigni autoctoni, quindi rafforzando il vantaggio competitivo della varietà dell’offerta.
  4. La considerazione fatta da Sartor al convegno per me è illuminante: il problema della dimensione aziendale del vino italiano riguarda forse di più le aziende grandi, che non sono grandi abbastanza rispetto ai concorrenti stranieri ed ai clienti che rappresentano il loro mercato, rispetto a quelle medio-piccole.

In sintesi, vent’anni da operatore / analista del settore mi hanno convinto che la frammentazione del vitivinicolo italiano ha portato più vantaggi che svantaggi competitivi. Forse sarebbe il caso di dedicare l’attenzione a questioni più rilevanti e, soprattutto, su cui è possibile incidere significativamente nel medio periodo.    

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