(Lorenzo Biscontin) Recentemente sono stato a vedere lo spettacolo “Alegria” del Cirque du Soleil.
In passato avevo visto spezzoni di spettacoli del Cirque du Soleil in televisione, ma questa era la prima volta che vedevo uno spettacolo dal vivo.
Oltre all’interesse da spettatore normale, c’era la curiosità del professionista di gestione aziendale poiché il Cirque du Soleil è conosciuto e studiato anche come caso aziendale per aver rivoluzionato il modo di fare circo, rilanciando, reinventandolo, un settore in crisi.
Per citare solo l’esempio più noto, il Cirque du Soleil è un caso citato nel celebre libro “Strategia Oceano Blu – Vincere senza competere” per la capacità di reinventare con successo spostando il target dai bambini agli adulti, inserendo nello spettacolo di intrattenimento offerto elementi di teatro, danza e musica.
Soprattutto, l’innovazione più radicale e differenziante rispetto ai circhi tradizionali fino a quel momento, il Cirque du Soleil è nato nel 1984, è stata l’eliminazione di ogni animale, feroce e non, dallo spettacolo. Da notare che si è trattato di un cambiamento che semplifica e migliora di molto la gestione economica dell’azienda “circo”, oltre ad avere evidentemente anche una rilevante valenza etica nei confronti del pubblico a cui ci si rivolge.
Anche con queste premesse sono quindi entrato nel Grand Chapiteau a vedere lo spettacolo.
Quello che ho visto è stato Circo realizzato ai massimi livelli mondiali certo, ma Circo alla fin fine.
Mi spiego meglio.
Le acrobazie sono incredibili, i musicisti bravissimi, i costumi stupendi, i due clown divertenti, le due cantanti bravissime e tutta l’atmosfera affascinante, però lo spettacolo consiste in una sequenza di numeri circensi intervallati da intermezzi comici dei due clown e/o musicali cantati.
Mi spiego ancora meglio, perché altrimenti sembra che non mi sia piaciuto.
C’erano gli acrobati da terra, quello con il cerchio a terra, quelli sui tappeti elastici, quelli volanti, il giocoliere con le clave di fuoco, gli acrobati volanti, l’acro-pole, la contorsionista con gli hula hoop, ecc… e lo spettacolo si è chiuso (come da tradizione circense) con i trapezisti.
Ripeto, tutto eseguito ai massimi livelli immaginabili, e anche oltre l’immaginabile, ma strutturalmente niente di così diverso, animali a parte, da quello che si vedeva nei grandi, migliori, circhi “classici” che fino a vent’anni fa languivano per mancanza di spettatori e adesso sono sostanzialmente spariti.
Allo stesso modo in cui anche nei circhi di una volta c’era la banda ed i clown che facevano le loro pantomime tra un numero e l’altro per riempire i vuoti necessari per la preparazione.
In sintesi (secondo me) il successo del Cirque du Soleil si basa essenzialmente su:
- Performances di qualità massima a livello mondiale, ovvero quando vado a vedere uno spettacolo del Cirque du Soleil so che vedrò il meglio al mondo,
- Rarità degli spettacoli: le possibilità di vedere dal vivo uno spettacolo del Cirque du Soleil sono poche, soprattutto rispetto alla frequenza in genere annuale con cui potevo vedere un circo “classico”,
- Ambientazione teatrale per scenografie e luci che aumenta il fascino e la sorpresa dei numeri degli artisti.
Da un certo punto di vista dettagli (sempre fatta salva l’assenza degli animali) che però fanno sì che andare a vedere uno spettacolo del Cirque du Soleil sia un’esperienza unica nella vita e quindi si sia disposti a pagare biglietti costosi (ma allineati alle altre forme di intrattenimento dal vivo di livello mondiale). Il che crea un circolo virtuoso che si autoalimenta permettendo di mantenere l’eccellenza degli spettacoli proposti.
Tutto bello? Dipende: il numero di spettatori degli spettacoli del Cirque du Soleil ha raggiunto record che nessuno dei circhi classici avrebbe nemmeno immaginato, ma sicuramente il numero di persone che in vita loro hanno mai visto uno spettacolo circense è diminuito rispetto all’era pre-Cirque du Soleil.
Sarebbe successo comunque? Molto probabile perché il circo tradizionale stava già perdendo interesse e pubblico. Rimane però il fatto che il Cirque du Soleil più che rilanciare il settore trasformandolo, ne è diventato l’unico sopravvissuto.
E’ a questo punto che mi è venuto in mente il settore viti-vinicolo. Il modello futuro di sviluppo sarà quello del Cirque du Soleil?
Da abitudine quotidiana diventerà esperienza rara (non dico uno volta nella vita), legata solo a vini di eccellenza (mondiale?). D’altra parte il concetto “bere meno, ma meglio” prevede sostanzialmente questo e la direzione in cui stanno andando i consumi è già questa, con il vino bevuto soprattutto nel fine settimana.
Le persone berranno solo “il meglio” (più difficile da definire rispetto ad un numero di acrobazia) e tutto quello che c’è dal “medio” in giù sparirà? Anche qui la premiumization, così tanto e spesso auspicata, va in questa direzione.
L’ultima domanda che mi faccio è anche quella che mi intriga di più: per riaprire il circo ad un pubblico vasto il Cirque du Soleil ha tolto un elemento centrale del circo tradizionale, detto anche non a caso Circo Equestre: i numeri con gli animali. Qual è quell’elemento centrale del vino che dovremo togliere per riconquistare l’interesse del pubblico?