Lorenzo Biscontin
La scorsa settimana sul mio feed di facebook ho incrociato un post che diceva “Feral Drinks: bevande naturali senza alcol”. Naturale + no alcol, due delle principali tendenze del vino. Abbastanza per andare a dare un’occhiata al loro sito.
Li scopro che non si tratta di vini de-alcolati ma di bevande ottenute attraverso fermentazione lattica. Cosa di cui avevo già sentito parlare da parte di un produttore francese lo scorso anno a Wine Paris, senza essere riuscito a degustare i prodotti e lasciandomi con una serie di dubbi microbiologici.
Più che abbastanza per voler approfondire la questione e così dopo un rapido scambio di e-mail eccomi a parlare via Zoom con Maddalena Zanoni, la fondatrice dell’azienda, che ha fermato la macchina per poter rilasciare questa intervista mentre si spostava tra un impegno e l’altro.
Maddalena, buongiorno. Cos’è Feral Drinks?
Feral Drinks è una start-up trentina che produce bevande botaniche, non alcoliche con l’obiettivo di celebrare il gusto e accompagnare il cibo con qualcosa di diverso dal tradizionale vino.
Non si tratta di semplici infusioni, di tè, ma di bevande adulte che uniscono acidità e corposità, quest’ultimo l’elemento difficile da trovare nei vino de-alcolati senza ricorrere a consistenti aggiunte di zucchero.
Quali sono i vostri prodotti?
Attualmente produciamo 5 bevande, che si chiamano semplicemente n.1, 2, 3, 4 e 5 a sottolineare il progressivo processo di ricerca che ci ha portato a trovare la formulazione giusta per ognuno.
La N.1 è bianca a base di succo di barbabietola bianca fermentato , unito ad estratto di luppolo e peperoncino, zucchero, acido malico e aroma naturale di pepe di Szechuan. Il gusto risulta citrico e fresco e si abbina con verdure, pesce e carni bianche.

La N.2 è bianca a base di succo di barbabietola bianca e rossa fermentato, unito ad estratto di zenzero, pepe garofanato, bacche di ginepro, zucchero, acido malico e concentrato di mela e cartamo. Il gusto risulta piccante e caldo e si abbina con piatti umami e speziati e con il cioccolato.

La N.3 è rossa a base di succo di barbabietola rossa fermentato e succo di mirtillo selvatico, uniti all’estratto di pepe nero, timo, rovere e peperoncino. Le sensazioni sono di pepe, erbaceo, tostato e tannico e si abbina con piatti saporiti e affumicati, selvaggina e formaggi stagionati.

La N. 4 è rossa a base di succo di barbabietola rossa fermentato e succo di mirtillo selvatico, uniti ad un estratto di bacche di ginepro, lavanda e peperoncino. Il gusto è armonico e floreale e si abbina con risotto, pesce azzurro e salumi.

La N.5 è rosè ed è un pet-nat che si differenzia dalle altre per essere prodotto utilizzando lieviti invece di batteri lattici ed è leggermente frizzante. Gli ingredienti sono linfa di betulla unita ad un estratto di verbena, achillea, ortica e rafano ed al succo di aronia.

Tutte le bevande, con l’eccezione della N.5, sono prodotte utilizzando esclusivamente ingredienti certificati biologici.
Come avviene il vostro processo di produzione?
Per arrivare alla formulazione del primo prodotto ci sono voluti due anni di test, dalle prime prove fatte utilizzando un Bimby, un Roner e il frigorifero fino alla prima produzione vera e propria.
Abbiamo sempre avuto due obiettivi molto chiari: uno di partenza e uno di arrivo.
Quello di partenza è di avere come ingrediente principale di ogni bevanda una pianta normalmente sottovalutata.
Quello di arrivo di ottenere una bevanda che fosse soddisfacente in tutti gli aspetti dell’esperienza di consumo: aromatici e tattili. Quindi curare anche gli aspetti sensoriali di acidità e pienezza, rotondità, della bevanda al palato.
Nel farlo siamo arrivati a selezionare quattro diversi ceppi di batteri lattici, ognuno dei quali porta specifici e determinati elementi al profilo finale del prodotto.
Partendo da questa base abbiamo poi individuato gli altri ingredienti che ci permettevano di raggiungere il profilo finale desiderato. Ad esempio il succo di mirtillo selvatico per arricchire l’acidità o l’estratto di pepe per le sensazioni di calore.
Lo zucchero residuo che si trova nelle nostre bevande va dal 3% al 4%, con l’eccezione della N.5 dove è 0% mentre c’è un leggerissimo contenuto di alcol: 0,3%, quindi inferiore al limite di legge di 0,5% per poter dichiarare una bevanda come “senza alcol”. L’acidità totale oscilla tra i 3 e gli 8 g/l, a seconda della bevanda.
Le prove ci sono anche servite per ottenere bevande che fossero stabili sia dal punto di vista chimico-fisico che microbiologico.
Dopo la produzione le bevande riposano alcune settimane per permettere alla parte solida di precipitare e fare una chiarificazione a freddo. Successivamente all’imbottigliamento facciamo una pastorizzazione flash per garanzia sanitaria. Si tratta di un aspetto su cui siamo particolarmente attenti perché sappiamo che una parte dei nostri consumatori sono donne incinte oppure persone che non possono bere alcolici per ragioni sanitarie.
Attualmente la shelf life delle nostre bevande è di 18 mesi ed ogni 3 mesi testiamo tutti i lotti di produzione per verificarne l’integrità chimica, fisica, microbiologica ed organolettica. E’ una sperimentazione continua.
Come è stata la risposta del mercato?
Ottima: abbiamo cominciato la commercializzazione nel 2023 e chiuderemo il 2025 con un fatturato superiore ad 1.000.000 di euro.
All’inizio ci siamo rivolti alla ristorazione ed abbiamo riscontrato grande interesse da parte dei ristoranti stellati, direi quasi una necessità, perché c’erano situazioni in cui producevano bevande simili internamente con un grosso impegno di personale e tutte le difficoltà operative di una produzione interamente artigianale.
Per questi ristoranti c’è l’esigenza di offrire un’esperienza gastronomica complessiva di alto livello anche a chi non beve vino, Una necessità di inclusione che indubbiamente è partita dal Noma Copenhagen.
La ristorazione di medio livello in Italia invece non è interessata a questo tipo di bevande, mentre fin da subito abbiamo sviluppato clientela anche in questo canale nei Paesi Bassi ed in Belgio.
Attualmente la ristorazione rappresenta il 50% del nostro fatturato. L’altro 50% deriva invece dalla vendita diretta attraverso il nostro sito.
Anche per le vendite verso il consumatore finale agli inizi l’interesse era maggiore nel Nord Europa, ma nell’ultimo anno l’Italia è letteralmente esplosa.Oggi l’Italia è diventata il nostro primo mercato con il 40% del fatturato. L’altro 60% si realizza in circa 20 Paesi, soprattutto Germania, Paesi Bassi, Belgio ed Regno Unito.



