Lorenzo Biscontin
Su Vinophila non abbiamo trattato la discussione dei dazi USA-UE perché riteniamo che ci fossero fonti istituzionali molto più qualificate a farlo.
Anche se personalmente ritengo l’accordo raggiunto in generale un pessimo accordo, da cui la UE esce indebolita, i dazi USA vanno presi per quello che sono: un fattore che appartiene all’ambiente esterno che le aziende sono costrette ad assumere come dato e su cui non possono avere nessun controllo.
Vale la pena quindi concentrarsi sull’analisi di come cantine possano muoversi nel nuovo scenario, cercando nuovi sbocchi sui mercati internazionali. Per brevità mi concentrerò solo sui mercati che mostrano nuove dinamiche, tralasciando quelli consolidati come Germania o UK.
Stati Uniti
Come reagirà il mercato USA all’introduzione dei dazi? Rispondere che è difficile fare previsioni è tanto pleonastico quanto doveroso.
Cominciamo a mettere in fila un po’ di elementi:
- L’effetto dei margini degli intermediari previsti dal 3-tier-system amplificherà l’aumento del 15% dei prezzi all’arrivo, portandolo a circa il 20%. Nella ristorazione probabilmente ancore di più.
- Oltre ai dazi va considerato che dall’inizio dell’anno il $ USA ha perso il 12% del valore rispetto all’euro.
- Anche nel caso in cui l’importatore americano sia disposto a coprire la metà del maggior costo dovuto ai dazi, la combinazione dei due punti precedenti facilmente porterà ad uno spostamento dei vini europei nelle fasce di prezzo superiori. Secondo le rilevazioni Nielsen all’anno terminante il 17 maggio 2025 nel canale retail la fascia di prezzo tra 8-10,99 $/btg rappresentava il 16,9% del mercato, quella 11-14,99 $/btg il 22,5%, quella 15-19,99 $/btg il 10,8% e quella 20-24,99 $/btg il 3%. I vini italiani si sposteranno in fasce di prezzo in cui gli acquisti sono nettamente inferiori rispetto a quelle in cui si trovano oggi.
- Il 72% del vino importato in USA proviene dalla UE. Quanto è facile per il consumatore americano sostituire i vini italiani con vini USA o cileni, argentini, neozelandesi, australiani? Probabilmente poco, considerato che i vini italiani sono caratterizzati da una tipicità che non deriva solo dal terroir, ma anche dai vitigni autoctoni. Detto in altre parole, se può essere facile sostituire un Chianti Classico con un altro Chianti Classico, è più difficile sostituire un Chianti Classico con un vino estero già in termini di profilo sensoriale. Un esempio in tal senso viene dal Pinot Grigio italiano, che continua a mostrare numeri positivi malgrado la crescita del Pinot Blanc neozelandese, che sostanzialmente si sovrappone in termini di consumatori obiettivi e situazioni/momenti di consumo.
- Nel 2024 il consumo di vino negli USA è calato dell’-8%, accelerando il calo del -3% del 2023. Una recente rilevazione di Gallup ha rilevato che nel periodo 2023-25 negli USA i consumatori di alcolici sono passati dal 62% al 54% degli adulti, con percentuali più altre tra le donne (-11%), i bianchi (-11%) e gli adulti con reddito annuale superiore a 100K$ (-13%), tutti segmenti affini al consumo del vino.
In questo scenario io vedo principalmente due strategie per difendere le posizioni:
- Strategie di comunicazione per aumentare il valore percepito del vino e ripristinare così il rapporto prezzo/valore.
- Allargamento dell’assortimento con l’aggiunta di alternative a prezzo più basso. Se in cantina nel vostro catalogo avete una seconda linea più economica rispetto ai vini distribuiti attualmente in USA, probabilmente è il momento di usarla. Lo so che c’è il rischio di cannibalizzazione, ma il rischio di essere mangiati dai concorrenti è peggio.
In realtà ce ne sarebbe anche un’altra: ridurre i margini per mantenere (il più possibile) l’attuale posizionamento di prezzo. Questa però dipende dal vostro livello di marginalità e dall’eventuale capacità finanziaria, quindi non è una strategia raccomandabile a priori.
Canada
La novità in Canada, quarto importatore mondiale di vino a valore, è che il consumatore canadese ha risposto alla retorica del “51° stato dell’Unione” portata avanti dall’amministrazione Trump eliminando i vini USA dalla propria tavola.
Nel primo semestre del 2025 il Canada ha importato 130 milioni di $ in meno rispetto al 2024. La proiezione su basa annua è di oltre 250 milioni di $ in meno di vino USA venduto in Canada. Più della metà del mercato Brasiliano e 10 volte il mercato indiano.
Qui la strategia è semplice: intensificare il lavoro con i propri agenti canadesi per cogliere tutte le opportunità, anche temporanee, in modo da riempire il vuoto lasciato dai vini USA.
Cina
Negli ultimi 8 anni il consumo cinese di vino è crollato ed oggi si trova a livelli inferiori di quelli del 1995.
Anche così però la Cina rimane il 9° importatore mondiale a volume (appena dietro l’Italia) ed il 7° a valore.
Soprattutto da dopo la pandemia il mercato cinese è cambiato profondamente: si sono ridotti moltissimo i consumi nei banchetti organizzati da enti della pubblica amministrazione e l’acquisto per il regalo; sono aumentati gli acquisti per consumo personale e quelli on-line anche per il consumo al ristorante con il diffondersi dell’istant retailing (il tempo di consegna dall’ordine si sta abbassando da 30’ a 15’).
Il consumatore di vino in Cina è mediamente più giovane rispetto a quello dei paesi occidentali (35-44 anni è il segmento più numeroso, 55-64 quello più piccolo), il consumo di vini importati ha superato quello di vini cinesi, il 50% delle vendite di vino avviene on-line, su siti di e-commerce generalisti, specializzati e sui social.
Questi cambiamenti stanno portando una crescita delle vendite di vini bianchi (+8,5% nel 2024) e degli spumanti (+18,8% nei primi 5 mesi del 2025. Quello che non è cambiato è la preferenza del consumatore cinese per i gusti dolci (la crescita del vino bianco è guidata dal Riesling tedesco, seguito dal Pinot Blanc neozelandese).
In questo nuovo scenario va cambiato quindi anche l’approccio al mercato. Non si trovano più gli importatori improvvisati che compravano 5 containers di vino rosso con una bella etichetta preziosa, rossa e gialla, e provavano a rivederli per cartone con margini astronomici, che permettevano di vendere in modo tattico nel breve periodo.
In Cina oggi serve una strategia in cui il canale on-line è imprescindibile. Di conseguenza sono poco efficaci le classiche attività rivolte agli intermediari commerciali perché su TMALL vincono la marca e/o il prezzo.
Come orizzonte temporale consigliabile prevedere il medio periodo (3-5 anni).
Brasile
Le importazioni di vino in Brasile sono in crescita dal 2017 e nel 2024 hanno raggiunto i 518 milioni di US$. Nel frattempo i consumatori abituali di vino sono arrivati a 45 milioni di persone (dato del 2022 IWSR) e la domanda si è ampliata anche a vini più complessi dal punto di vista sensoriale a più costosi.
Si tratta di un mercato ancora in crescita (+11% le importazioni di vino nel 2024) in cui i principali paesi fornitori sono Cile, Argentina (che godono di vantaggi fiscali appartenendo al Mercosur e di costi logistici) e Portogallo.
Qui l’atout per il vino italiano, anche se mi rendo conto di sembrare vecchio stile, è l’immagine positiva dell’Italia nel paese che provo a sintetizzare con un dato: il consumo pro-capite annuale di pizza in Brasile è di 5,8 kg, contro i 7,8 dell’Italia. Tra l’altro in Brasile la pizza è consumata più nelle aree urbane che in quelle rurali e dalle persone a reddito più alto rispetto a quelle a reddito basso.
L’altro punto di forza è la varietà e tipicità della proposta rispetto agli altri Paesi concorrenti.
Attenzione che la parte burocratica non ha banale, neanche per chi è abituato alla complessità italiana.
Volendo dare un orizzonte temporale, in Brasile si possono ottenere risultati interessanti anche nel breve periodo (1-3 anni).
India
Per l’India vale un po’ lo stesso discorso che valeva per la Cina 15 anni fa: la dimensione della popolazione è tale che non si può non considerare nelle proprie strategie di sviluppo.
In realtà si tratta ancora di un mercato molto piccolo che nel 2024 ha importato vino per 26 milioni di US$. Se vi dicono, o trovate in rete, che supera i 400 milioni non credeteci: è successo nel 2023 per un boom del vino spagnolo a valore del 30.000 % che implicava un prezzo di importazione medio al litro del vino spagnolo di 518 US$ che nessuno è riuscito a spiegare. Ovvero si è trattato un errore nelle rilevazioni.
Ciò detto, la domanda di vino in India si concentra nelle aree metropolitane, sostenuta da consumatori giovani (comprese le donne) che vedono nel vino un’alternativa più sana e sofisticata agli spirits (l’India è il quinto mercato mondiale di spirits in valore ed il primo consumatore di whiskey).
Questi giovani consumatori stanno aprendo il consumo anche a spumanti, rosè e vini bianchi in aggiunta ai tradizionali vini rossi (un po’ come sta succedendo in Cina).
Attenzione che la vendita di alcolici è gestita a livello dei singoli stati ed in alcuni di questi il consumo di alcol è proibito. Operativamente questo implica che i vini vanno registrati anche a livello statale, un po’ come succede negli USA.
Paese sicuramente interessante, ma da guardare nel lungo periodo (oltre i 5 anni).
Africa
La prima cosa da dire è che l’Africa non è un singolo Paese ed è molto più grande di quello che le mappe geografiche lasciano intendere.
Attualmente i Paesi africani con le maggiori importazioni di vino, escludendo il Sud Africa, sono (dati 2024 in hl):
- Costa d’Avorio: 600.000
- Angola: 300.000
- Namibia: 260.000
- Marocco: 250.000
- Togo: 150.000
Da questa classifica manca il Camerun, che però mi sento di citare sia perché ci ho esportato qualche container più di 10 anni fa e soprattutto perché è il 12° mercato di destinazione dei vini di Bordeaux in volume ed il 24° in valore. La Costa d’Avorio fa anche meglio perché per i vini di Bordeaux è il 10° mercato di destinazione a valore ed il 21° a volume.
La differenza tra le posizioni a volume ed a valore evidenzia come i Paesi africani importino vini di prezzo medio più basso rispetto al resto del mondo. Sarebbe però sbagliato pensare che questi mercati siano interessati solamente a vini economici: sul mercato ugandese sono presenti le più note maisons di champagne e si prevede che le vendite di spumanti nel 2025 superino il milione di US$.
Le previsioni demografiche, molto più attendibili di quelle più economiche, dicono che nel 2050 gli africani cresceranno dagli attuali 1,4 miliardi a 2,5 miliardi e sarà africano 1 abitante della terra su 4. Io non mi stupirei se alcuni mercati africani nel medio periodo potessero dare maggiori soddisfazioni di quello indiano.