La speranza è in una chiusura “ragionevole” del negoziato Usa-Ue, oramai accogliendo l’idea che dei dazi comunque resteranno, ma che possa durare nel tempo e riportare serenità nel mercato. Senza di questo continuerà l’ottovolante. Come evidenziano i dati dell’export del vino italiano verso gli Stati Uniti che hanno registrato un calo del 7,5% a volume e del 9,2% a valore (a quasi 154 milioni di euro), con un decremento del prezzo medio del 2%. Lo rileva l’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv), che ha elaborato i dati export relativi al primo mese soggetto ai dazi dell’amministrazione Trump (dal 2 all’8 aprile al 20%, in seguito al 10%).
La caduta di aprile fa contestualmente scendere il consuntivo delle spedizioni nel quadrimestre verso gli Usa in linea di galleggiamento (+0,9% a volume) dopo l’exploit dell’ultimo semestre caratterizzato da una corsa alle scorte pre-dazi. Nel periodo si dimezza anche la performance a valore (+6,7%, 666 milioni di euro: appena un mese prima il saldo era +12,5%). Un crollo annunciato che rende ancor più problematica la situazione complessiva nei mercati extra-Ue: -9% i volumi e -2,4% i valori.
«Da tempo – ha commentato il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi – insistiamo nel guardare agli effettivi consumi e non solo ai dati sulle spedizioni, che solo ora si stanno allineando dopo le evidenti corse alle scorte. Gli squilibri di mercato sono sempre più evidenti, anche in vista della prossima vendemmia».
Secondo l’Osservatorio, senza il traino statunitense, il saldo nel quadrimestre della domanda extraeuropea a volume scenderebbe da -9% a -15% (-10% il valore), con decrementi in doppia cifra nell’area asiatica (Giappone e Cina, in crescita la Corea del Sud) e in Russia (-65%). Peggiora anche il terzo mercato al mondo, il Regno Unito che cede 5 punti a volume e oltre 6 a valore, mentre sono stabili il quarto e quinto buyer del made in Italy (Svizzera e Canada, che però cresce in volume di oltre l’8%).