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Baracchi: il Metaverso è un palco sul mondo

03 giugno 2022

(di Elisabetta Tosi) Una famiglia storica del luogo con la passione per il vino, coltivato su un paio di ettari fin da fine Ottocento. Poi l’ingresso nel mondo della ristorazione, a fine anni ’80 , con un locale, “Il Falconiere”, che cresce e si afferma fino a diventare  stella Michelin,  e al quale nel tempo si affiancano una locanda e un bistrò; la necessità di vino cresce. Perciò negli anni ’90 anche il vigneto si espande, passando dagli iniziali 2 ettari agli attuali 32, e da un consumo quasi famigliare a un business da 150 mila bottiglie all’anno. E’ questa, in estrema sintesi, la storia della famiglia Baracchi di Cortona. Dislocati in quattro distinte località, tutte all’interno dell’omonima DOC toscana, nei loro vigneti si coltivano soprattutto Syrah, Sangiovese, Merlot, Cabernet Sauvignon e i bianchi Trebbiano e Chardonnay. A Filippo Simonetti, che nell’azienda si occupa del settore commerciale e del marketing, abbiamo chiesto come stanno andando le cose sui loro mercati d’esportazione.

“Alcuni vanno molto bene – risponde – Parlo dell’Italia e degli Stati Uniti, che sono il nostro mercato principale. Altri vanno male, e sono l’Asia e la Russia. La prima perchè ancora alle prese con le restrizioni da Covid, la seconda perchè è in guerra”.

Esportavate anche in Russia, allora?
“L’abbiamo fatto fino a pochi giorni prima dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Avremmo da spedire un secondo ordine, ma l’abbiamo messo in standby. Lo stesso vale per piazze come quella di Hong Kong, dove si vive una fase di estrema incertezza a causa dei continui lockdown”.

Dopo due anni di stop sono tornate le grandi fiere del vino in presenza. Avete partecipato? Come sono andate?

“Abbiamo partecipato sia a  Merano International Wine Festival che Vinitaly, oltre che a  qualche altra piccola fiera regionale. Sono andate tutte abbastanza bene, soprattutto Vinitaly: abbiamo avuto molta meno confusione degli altri anni e più interesse, segno di una clientela più selezionata”.

C’è chi dice che, così come si presentano oggi,  sono un genere di manifestazione ormai superato…

“Sicuramente le fiere così impostate sono diventate più una scusa per ritrovarsi tra produttori e fare pubbliche relazioni, incontrando distributori e importatori dall’estero, quindi sì, non vedo elementi di novità. Non sarebbe male se in qualche modo le rinnovassero. Ma al momento, non saprei dire come nemmeno io”.

Se dovesse fare una classifica delle vostre preoccupazioni principali, cosa metterebbe in cima alla lista?

“La guerra preoccupa tutti molto, ma noi siamo pressati anche da problemi più urgenti, come l’aumento costante dei costi delle materie prime e la difficoltà nel reperirle. Non riusciamo più ad avere le bottiglie, i tappi, le etichette in tempi decenti e a prezzi decenti. Le bottiglie per esempio le abbiamo ordinate a dicembre 2021, e una prima parte è arrivata a maggio, la seconda è prevista per fine giugno. Questo implica una serie di ritardi a catena: ritardi nell’imbottigliamento, ritardi nelle vendite, ritardi negli incassi…”

Si inizia a parlare di Metaverso anche nel settore del vino. Lei come lo vede?

“Noi ci siamo, nel Metaverso. Ci siamo perchè è una cosa interessante, non sappiamo come si svilupperà nei prossimi anni, ma potrebbe diventare un canale significativo. Abbiamo aderito sia al progetto di una realtà che ha radunato anche cantine importanti, creando una specie di villaggio del vino, sia ad un’altra iniziativa incentrata invece sulle criptovalute. Anche se siamo entrati nel Metaverso in punta di piedi, continuando a rivolgere le risorse principali al mercato classico, che è quello che ad oggi ci fa guadagnare, siamo sempre aperti a tutte le opportunità che la modernità offre per farci conoscere, farci crescere e aiutarci a  vendere”.

Secondo lei quali vantaggi offre il Metaverso del vino?

“Sicuramente un palco più ampio: qui puoi trovare un cliente dell’altra parte del mondo che non avresti avuto modo di raggiungere altrimenti. E questo è importante, anche se poi non si arriva all’acquisto, perchè intanto metti una metaforica bandierina dove prima non eri. Grazie alla tecnologia, posso farmi conoscere, eventualmente parlare e interagire con una persona dall’altro capo del mondo restando comodamente nel mio ufficio di Cortona. Cosa che fino a pochi anni fa era possibile solo con le fiere in presenza”.

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