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Amber Wine Festival: buonissima la prima!

(di Lorenzo Biscontin)

Il 20 e 21 ottobre scorsi si è svolta nel Castello di San Giusto di Trieste la prima edizione dell’Amber Wine Festival, dedicato ai vini bianchi prodotti con macerazione del mosto sulle bucce. Ovvero quelli definiti correntemente orange wines.

38 produttori hanno presentato 125 vini in gran parte provenienti dal Collio Goriziano, terra di nascita di questi vini, Carso Triestino, Slovenia a e Croazia. Non mancavano però anche altri parti d’Italia con vignaioli che arrivavano dalla Sicilia, Alto Adige ed Emilia Romagna.

A corollario delle dei vini alcune eccellenze gastronomiche del territorio e non.

Una rassegna quindi che partiva con ottime premesse di quantità e qualità. In questo senso basta citare la presenza delle cantine Gravner e Radikon, che i vini ambrati li hanno inventati.

Premesse ampiamente superate nonostante la pioggia caduta il sabato abbia impedito di godere degli spazi all’aperto sul bellissimo bastione che guarda il golfo di Trieste e possa aver scoraggiato gli appassionati più timidi. E nonostante il prezzo del biglietto, pensato per selezionare solamente persone appassionate e competenti e quindi non esattamente popolare: 55 euro a persona

Eppure le tre sale dedicate ai tavoli di assaggio delle cantine sono state gremite durante tutto l’orario di apertura dell’evento dalle 14 alle 21.

Moltissima gente, soprattutto moltissima gente giovane con la stragrande maggioranza dei visitatori sotto i quarant’anni. Una dimostrazione che le fasce di consumatori più giovani non sono disinteressate al vino tout-court, ma sono disinteressate alle proposte classiche-standard-convenzionali (scegliete voi l’aggettivo) e invece accorrono quando si tratta di vino che racconta qualcosa di nuovo in modo autentico, chiaro e trasparente. Vale la pena di ricordarsene quando si leggono opinioni e ricerche che evidenziano come i giovani si stiano allontanando dal vino in tutti i mercati mondiali.

Dal punto di vista dei vini in generale quello che ho motato è una maggior “delicatezza” nelle macerazioni ed ossidazioni meno spinte rispetto a qualche anno fa, quando gli orange wines hanno cominciato a diventare una tendenza.

Difficile dire se questo sia dovuto a scelte stilistiche oppure ad un’evoluzione e crescita nelle competenze dei vignaioli, il risultato comunque sono vini meno aggressivi dal punto di vista dell’acidità e più riconoscibili negli aromi legati al vitigno ed al territorio, proprio perché non coperti dalle, uniformanti, note ossidative.

Solo un paio delle cantine presenti proponevano vini con acidità selvagge, che, a me, già ricordavano l’aceto. Quindi vini difettosi? E’ un aggettivo che oramai non mi sento più di usare alla luce del fatto che la qualità è e può essere soltanto soggettiva. Chi beve ed acquista questi vini evidentemente ne apprezza il profilo sensoriale.

Quindi anche gli amber / orange wines sembravo evolvere verso quelle caratteristiche di bevibilità e piacevolezza che stanno caratterizzando tutto il vino da almeno 5 anni a questa parte.

Proprio per l’alta qualità, dal punto di vista, generale riporto alcune note solo sui vini e le cantine che mi hanno colpito di più. Non me ne vogliano gli altri produttori, che trovate tutti elencati sul sito https://amberwinefestival.com/

GRAVNER, Collio, Italia.

Fuori da qualsiasi classifica in quanto inventore degli orange wines. Non si possono dare giudizi di valore sul metro, è il riferimento e basta.

A Trieste presentava la Ribolla 2011 e 2014. Tendenzialmente più gradita dal pubblico la 2011, secondo me era più notevole la 2014 considerando l’annata piovosa come non mai dalla primavera all’estate. Il tempo dirà.

RADIKON, Collio, Italia.

Vale lo stesso discorso fatto prima per Gravner: fuori classifica per definizione

Presentava tre vini:

  • Slatnik 2020, uvaggio di Chardonnay (80%) e Friulano (20%), macerazione sulle bucce di 8/14 giorni (con piccola ggiunta di SO2), 1 anno in botte e poi affinamento in bottiglia 
  • J.K.T. (Jakot) 2017, Friulano in purezza, macerazione di 2-3 mesi sulle bucce, 3 anni in botte e poi affinamento in bottiglia.
  • O…. 2017, uvaggio 40% Chardonnay, 30% Pinot Grigio, 30% Sauvignon, macerazione di 2-3 mesi sulle bucce, 3 anni in botte e poi affinamento in bottiglia.

Mi ha colpito soprattutto lo Slatnik per sapidità, succosità ed eleganza.

ROXANICH, Istra, Croazia.

Presentava tre vini:

  • Lara 1/6 Malvasia Istriana 2012 con macerazione sulle bucce di 88 giorni,
  • Sara 3/6 Chardonnay 2011 con macerazione sulle bucce di 7 giorni,
  • Zara 5/6 uvaggio di Sauvignon Blanc, Pinot Blanc, Pinot Gris, Vermentino, Glera, Friulano, Riesling Italico con macerazione sulle bucce di 65 giorni.

Malgrado abbiano più di 10 anni di invecchiamento si percepiscono giovani per l’acidità che tende ancora a prevalere un po’ sugli aromi, più in bocca che non al naso. Si sente però evidente tutta la ricchezza di cui dispongono.

Secondo me i vini con il top di potenziale.

PODERE PRADAROLO, Emilia-Romagna, Italia.

Trovare un produttore di orange winees in Emilia (provincia di Parma) è già abbastanza sorprendente, scoprire che produce orange wines con macerazioni di 7 mesi sulle bucce lascia a bocca aperta.

Presentava tre vini:

Ex Alba 2021, trebbiano con 50 giorni di macerazione sulle bucce,

Vej Bianco Antico 2021, Malvasia di Candia aromatica con 210 giorni di macerazione sulle bucce.

Vej Bianco Antico cuvée brut metodo classico, Malvasia di Candia Aromatica con vini base che hanno fatto da 7 a 9 mesi di macerazione sulle bucce a seconda dell’annata

Tutti i vini provengono da uve biologiche, vinificate senza solforosa, con lieviti autoctoni, senza filtrazione ed altre stabilizzazioni. Vinificazione e affinamento solo acciaio inox e cemento macerazioni.

Si tratta evidentemente di vini molto giovani, ma con un equilibrio che fa già capire la qualità e complessità che sono in grado di sviluppare.

Secondo me, nella mia ignoranza, il top outsider della manifestazione.

TROPFLTALHOF, Alto Adige, Italia.

 Azienda biodinamica, fermentazioni spontanee in anfora di terracotta e successivo affinamento sulle fecce nobili sempre in anfora dopo la svinatura.

Presentava 3 annate del Gernellen, 100% Sauvignon: 2017, 2016, 2015.

Raccolta tardiva delle uve e contatto con le bucce fino alla primavera successiva. Dopo la svinatura il vino si affina ancora in anfora sulle fecce nobili fino a 21 mesi, successivamente rimane in bottiglia per almeno altri 24 mesi. Non viene effettuata alcuna filtrazione o chiarifica e si aggiunge una quantità minima di SO2 al momento dell’imbottigliamento.

Tutte le annate molto, molto buone. Mi ha colpito soprattutto la 2017 perché aveva tutta la struttura che ti aspetti da un orange wine ma allo stesso tempo tutti gli aromi e la freschezza di un Sauvignon dell’Alto Adige.

Per me il vino top di tutta la rassegna.

Ci rivediamo l’anno prossimo!

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